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mercoledì 9 giugno 2010

BISOGNEREBBE ESSERE CANE...


Non basta aver avuto un cane..
Non basta aver letto libri sui cani...
Non basta aver parlato con chi dice di conoscere i cani...
Non basta.
Bisognerebbe essere cane per poter dire cosa si prova ad essere cane.
Bisognerebbe essere cane per capire cosa si prova quando il nostro padrone ci chiede di dare la zampa all'amico per dimostrare quanto ci ha addestrati per bene.
Bisognerebbe essere cane per capire cosa si prova a vivere legati ad una catena di un metro solo perché il nostro padrone non è amante dei cani.
Bisognerebbe essere cane per provare terrore e sgomento quando quel vigliacco del tuo padrone ti abbandona in una strada sconosciuta e lontano da casa.
Bisognerebbe essere cane per sapere che non ti viene neppure da piangere, pensi solo che non è possibile, tornerà di certo, tu in fondo gli hai sempre voluto bene.
Bisognerebbe essere cane per capire cosa si prova ad aver paura della vivisezione.
NO......se mi rendo conto di cosa significa vivisezione, non sono cane, sono maledettamente umano, un umano appartenente ad una società evoluta ed intelligente, tanto intelligente che non si chiede cosa prova un cane solo perché fortunatamente non riesce ad esserlo.


IL CAPPELLAIO MATTO

lunedì 26 aprile 2010

LO SWAP RECYCLING PARTY

Nella piu' rosea delle ipotesi tra otto mesi si trasloca (mi rifiuto di prendere in considerazione la peggiore...) ed essendo per l'ennesima volta alle prese con il CAMBIO DI STAGIONE.. bhe ne approfitto e mi porto avanti con il lavoro!
Conosco con precisione cosa vuol dire organizzare un trasloco con la "T" maiuscola (in vita mia ne ho fatti almeno 5/6!!!) e so che bisogna organizzarsi per tempo ed essere di mente lucida e cuore forte per affrontare tutto ciò che comporta!
Primo step: rendersi conto di quello che effettivamente usiamo.
Ci sono tante di quelle cose che possediamo per il puro gusto di possedere, ma che non ci servono e non usiamo anche se le troviamo proprio belle! LA PAROLA D'ORDINE è DISFARCENE!!
Secondo step: inscatolare tutto ciò che da qui al trasloco in casa nuova non toccheremo perchè non indispensabili (parlo di tutti i servizi della nonna, della mamma, della zia... coperte e copertine, tovaglie e tovagliette, fotografie di famiglia, cimeli vari....) TUTTO GIA' IMBALLATO ED ETICHETTATO!!!
Il terzo step, una volta passati i primi due, è quello di farsi un c... quadro nel completare il lavoro fino in fondo ed alla perfezione...
L'ultimo step, quello gratificante e divertente, è -una volta pronte - CHIAMARE LE AMICHE.
Si decide una data, presumibilmente il pomeriggio tardi o la sera presto, si stappano due bottiglie di vino buono e si rosicchia qualcosa insieme (l'ideale è ognuna porta qualcosa da mangiare per evitare sbattimenti vari) e mentre si regala loro la possibilità di rifarsi il guardaroba (e non solo) del tutto GRATIS... si fanno tante, tantissime risate insieme!
In piu' ci sara' sempre qualcuna di loro che ha lo stesso problema e che se ne arriverà con cose carinissime che non mette piu'.. Vestiti, borse, scarpe, orecchini, teli arredo, libri, chi piu' ne ha, piu' ne metta.. sara' come una giornata di shopping all'ennesima potenza. Però alla fine della giornata nessuno avra' speso un centesimo, voi avrete svuotato la casa da oggetti inutili e l'umore sara' alle stelle!!!

IL CAPPELLAIO MATTO

sabato 27 marzo 2010

Torta di fine inverno


Ingredienti:
mela [1]
pera [1]
burro [100 gr circa]
zucchero [10 cucchiai]
farina [10 cucchiai, oppure 6 + 4 di fecola]
lievito per dolci [1 bustina]
mandorle e noci [a piacere]
mandorle amare [1 piccola manciata]
zucchero di canna [un po', per decorare]

Ho sbucciato la mela e la pera, le ho tagliate a dadi e le ho fatte saltare per pochi minuti in una padella con pochissimo burro caldo; ho lasciato i dadi grandi perché restassero più compatti, ma per un sapore più delicato si possono fare piccolini così si scioglieranno quasi nell'impasto in cottura: la scelta è a seconda dei gusti.
In alternativa si possono tagliare mela e pera a fettine, e cospargerle di succo di limone finché non si finisce di preparare l'impasto di base: in questo modo il dolce resta più leggero, ma si aggiunge in più il profumo del limone: anche qui, è questione di gusti.
Ho lasciato i dadi di frutta a raffreddare e ho triturato non troppo finemente un po' di noci, di mandorle dolci e qualche mandorla amara. La dose non è importante perché servono a dare il profumo e ad asciugare il succo che la frutta rilascia in cottura.
Ho lavorato a crema il burro morbido (l'ho passato per una trentina di secondi al microonde al minimo, ma basta tirarlo fuori dal frigo un'oretta prima; l'importante è che non sia fuso!) con lo zucchero, poi ho incorporato le uova, una ad una, e pian piano, amalgamando bene, la farina e la fecola setacciate col lievito. Infine ho aggiunto la granella di mandorle e noci.
Ho imburrato una tortiera e l'ho rivestita di pangrattato (invece della classica farina), ho versato l'impasto e vi ho affondato dentro i dadi di frutta. Infine, ho spolverizzato di zucchero di canna.
Ho cotto in forno preriscaldato a 180°, acceso solo sotto, per 45 minuti circa.

la Duchessa

venerdì 8 gennaio 2010

Bianco e nero

Sono una ragazza in bianco e nero.
Perché ho gusti da signorina anni Venti, e la mia anima è Liberty.
Ditemi se non è così una che ama:
- le scatole di latta
- gli uomini con il fazzoletto di stoffa
- ascoltare "Tutto il calcio minuto per minuto" alla radio la domenica pomeriggio (e detesta le telecronache della tv, urlate e concitate)
- la cucina tradizionale (e non sopporta la cucina fusion)
- le pentole di rame
- i locali storici (così come non entra volentieri nei lounge bar moltofescionmoltotrendi)
- camini e stufe
- le vecchie baite di montagna, e tutti gli oggetti antichi che custodiscono
- i romanzi
- i quadri degli impressionisti
- Torino, Parigi e certe zone di Londra
- tutti i luoghi dove il tempo sembra fermo.

Non poteva tra l'altro esserci nick più azzeccato per me:
"la Duchessa"

domenica 22 novembre 2009

Santa Cecilia

Santa Cecilia io non so chi sia, nè so per quale motivo sia la partona dei musicisti, nè tantomeno perché a Taranto sia festa il 22 novembre, giorno dedicato a questa santa.
Quello che so è che cosa sia per me, e credo per la maggior parte dei tarantini, questo giorno.
Per il 22 novembre tutti gli alberi di Natale e gli addobbi e i personaggi del presepe scendono dai tramezzi, escono dagli sgabuzzini, saltano fuori dalle scatole in cui hanno riposato nei passati dieci mesi, e cominciano a diffondere per casa l'atmosfera natalizia. Per le vie della città, se alzi gli occhi, da questa sera potrai cominciare a scorgere le lucine colorate e decorazioni alle finestre. Taranto è estrema anche nella durata del periodo natalizio: esiste un'altra città dove dura un mese e mezzo?
E poi, soprattutto, il 22 novembre ci sono loro: le pettole (foto).
Dal mattino molto presto il profumo di queste splendide palline di pastella fritta e avvolta nello zucchero, disarmanti nella loro semplicità ed essenzialità, invade le strade, i cortili, i pianerottoli dei condomini. Le mamme impastano la sera prima di andare a letto, e al mattino prestissimo friggono le pettole perchè siano pronte per la colazione della famiglia: festeggio con questo post il mio ingresso ufficiale nella schiera delle mamme tarantine, avvenuto questa mattina alle 8:05 dopo cinque ore di sonno e quintali di adrenalina per l'evento.
Sono cresciuta in una famiglia poco tradizionalista, unica bambina in casa, con una mamma che non amava i riti e poco conosceva le tradizioni di questa città, che le stava stretta. Ho vissuto l'adolescenza e la giovinezza in un oratorio salesiano, l'istituzione più vicina ad una famiglia allargata nella quale mi sono imbattuta, dove il 22 novembre un'orda di mamme tarantine doc armata di frizzola (leggi: padella per friggere) e mestolo forato calava in cortile a friggere chili di pettole per tutti sui fornelli da campeggio, mentre io e i miei amici suonavamo con una band strampalata pezzi rock e blues stonati avvolti dall'odore di fritto che ti restava attaccato addosso senza rimedio per tutto il giorno. Invidiavo i figli di quelle donne che sapevano dare un valore a questa piccola cosa, che sapevano con un tocco di zucchero fare una festa intorno a un po' d'acqua e farina, perchè in fondo non facevo davvero parte di quel tutto, perchè in fondo non appartenevo davvero a quel rito di apertura delle feste di Natale, che a casa mia erano vissute con quel distacco e quel po' di freddezza tipici di chi bada alla sostanza e non sopporta l'ipocrisia dei riti religiosi o tradizionali. Ringrazio i miei per avermi cresciuta in questo modo, se così non fosse stato il mio senso critico non sarebbe così sviluppato e sari certamente una persona meno libera...però queste piccole cose sono mancate tanto alla bambina che è in me, che non vedevo l'ora di poterle creare io, non vedevo l'ora di poter essere io protagonista di questi piccoli sogni bambini.
Questa mattina, quando ho invaso la casa con quell'odore, guardando le case del presepe gigante che il Duca allestirà, meditando su quanto tempo ci vorrà a montare l'albero ecologico di due metri che abbiamo preso, attaccando le decorazioni di silicone sui vetri della credenza, quella nostalgia è svantita, spazzata via dalla stupefacente sensazione che dà l'essere riusciti a realizzare un piccolo grande sogno. La sensazione perfetta di quando ogni cosa è al suo posto, e tu sei esattamente dove vorresti essere e con coloro con cui vorresti essere.

Ricetta delle pettole per 4 persone:

ingredienti:
200 gr di farina
1/3 di panetto di lievito di birra
acqua q.b.
olio per friggere

utensili:
1 frizzola
1 mestolo forato
1 cucchiaino
1 dito indice

procedimento:
Si fa sciogliere il lievito sbriciolato con un cucchiaino di zucchero, lo si aggiunge una volta sciolto alla farina, e si crea una pastella aggiungendo pian piano acqua fredda e lavorando il tutto energicamente con una forchetta. L'impasto dovrà risultare una pastella piuttosto liquida, senza grumi. Si lavora con la forchetta finché non si ottiene questo risultato. Si lascia poi lievitare per alcune ore (meglio se tutta la notte).
Dopo la lievitazione, che dà una pastella fermentata sempre liquida ma un po' più collosa, si mette a scaldare una pentola alta con abbondante olio per friggere e si lasciano cadere nell'olio bollente, una ad una, piccole porzioni di impasto raccolte con un cucchiaino e fatte scendere nell'olio bollente con l'indice. Sono pronte quando sono belle dorate. Tirate fuori dall'olio caldo, vanno fatte asciugare bene con carta assorbente, e passate dello zucchero semolato quando sono asciutte ma tiepide. Et voilà, il minuto di paradiso della duchessa. Oggi è festa grande.