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venerdì 13 marzo 2009

TERRESTRI


EARTHLINGS ("Terrestri" appunto) è un documentario sull'assoluta dipendenza dell'umanità dagli animali USATI (e sottolineo il temine usati) per compagnia, come cibo, per il vestiario, come divertimento; nonchè per la ricerca scientifica...
Questo Documentario denuncia la completa mancanza di rispetto dei "terrestri umani" per questi cosiddetti "fornitori non umani". Il Pianeta è di tutti ma l'uomo si è arrogato il diritto di decidere di sfruttare gli altri esseri viventi per trarne vantaggio e, soprattutto, profitto.
E la sconsiderata maniera in cui lo fa ci dovrebbe far rabbrividire.. ma non tutti sappiamo effettivamente COSA FACCIAMO agli animali.. e parlo al plurale perhè la responsabilità è di tutti...
La voce del narratore è dell'attore Joaquin Phoenix, la colonna sonora è di Moby, le immagini sono crude, dure, terribilmente spietate e toccanti.
Si passa dai semplici negozi di animali agli allevamenti intensivi; si mostra cosa succede effettivamente a queste povere creature per alimentre l'industria della pelle, della pelliccia, dello sport e dell'intrattenimento... Si portano a conoscenza dello spettatore cosa è previsto che debbano soffrire le cavie da lavoratorio per la ricerca scientifica.
EARTHLINGS usa telecamere nascoste e filmati inediti per denuniare le azioni di alcune delle più grandi industrie del mondo che basano i loro profitti interamente sugli animali.
EARTHLINGS è finora il più completo documentario mai prodotto sulla correlazione tra la natura, gli animali e gli interessi economici degli umani.
Per chi ha stomaco e cuore abbastanza forti e pronti a tutto di seguito il link in inglese: non è importante conoscere benissimo la lingua... le immagini parlano da se.



IL CAPPELLAIO MATTO

venerdì 23 gennaio 2009

Alice nel Paese di.. Tim Burton!


In effetti mi sembrava strano che non ci avesse mai messo lo zampino LUI...
Qualche tempo fa, magicamente, in un'intervista a Sci Fi Wire (realizzata per Sweeney Todd) il regista Tim Burton si era lasciato scappare qualcosa in merito ad Alice ed al Paese delle Meraviglie... aveva menzionato il suo adattamento della nota "favoletta" e bacchetato le numerose versioni della storia adattate per il cinema ma, a suo dire, non in grado di rendere giustizia al libro. Aveva infatti dichiarato:
"E' un tale classico, questo romanzo, e il suo immaginario è così surreale. Non so, non ho mai visto una versione cinematografica di questa storia che riflettesse davvero questo aspetto. Si tratta di una serie di avventure una più strana dell'altra, e cercare di farle funzionare tutte in un film sarà interessante.
Le storie sono come droga, per i bambini, sapete? Li lasciano stupefatti. L'immaginario: nessuno è mai riuscito a trasmettere l'immaginario di questo romanzo trattandolo come un'unica storia. E' una sfida interessante."
Ed ecco che il cast è stato scelto e sono iniziate le riprese: un misto di live action (riprese dal vivo, probabilmente in gran parte in teatro di posa, come usa fare il regista) e animazioni 3D in Performance Capture (la tecnologia che permette ad attori veri di interpretare personaggi animati in modo fotorealistico, come abbiamo tutti visto in Beowulf).
Questo PO-PO di film che il nostro caro Tim sta girando in Cornovaglia, verrà proiettato in Disney Digital 3D.
Ma, la cosa che mi preme di più dirvi è un'altra... lasciamo da parte il personaggio di Alice (Mia Wasikowska) e della Regina di cuori (probabilmente Helena Bonham Carter), sapete CHI ha il ruolo di CAPPELLAIO MATTO???! SEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!! proprio lui Johnny Depp! Sono onorata, e non vedo l'ora di vedere il film che uscirà nelle sale il 5 marzo 2010.
Bravo Tim! Ben fatto!!!
IL CAPPELLAIO MATTO

martedì 20 gennaio 2009

LASCIAMI ENTRARE...


Pare che tra le leggi che governano l'esistenza dei vampiri ce ne sia una che proibisce di entrare in una casa senza essere stati invitati. Magari funzionasse anche con gli umani!!!! :)
Sapete, proprio questa strana leggenda è alla base del titolo-invocazione di un film svedese disperato e tenero, tratto dal romanzo di John Ajvide Lindqvist (Marsilio): 'Lasciami entrare'.
Lo stesso film che ho intenzione di andare a vedere stasera con le amiche.. Una storia delicata e orripilante allo stesso tempo, la storia di due bambini che si amano, lei vampira, lui umano, nella neve alta di Stoccolma d'inverno avvilita dalla depressione socio-ambientale dei primi Anni Ottanta. La vicenda di orrore è parallela a quella dolorosa e commovente di formazione del piccolo Oskar… o magari è una metafora della difficoltà amara di crescere.
Di seguito la trama del film.. e domani i commenti dopo la visione…
“Oskar, un dodicenne timido e ansioso, è regolarmente preso di mira dai compagni di classe, senza riuscire mai a ribellarsi. Mentre fantastica su come vendicarsi, gli appare Eli, anche lei dodicenne, appena trasferitasi con il padre nella casa accanto. La ragazza è pallida, ha uno strano odore ed esce solo quando è buio. In coincidenza con il suo arrivo, si verificano eventi inspiegabili e omicidi... Per un ragazzo come Oskar, affascinato dalle storie macabre, non ci vuole molto a capire che tra Eli e questi sanguinosi eventi esiste un legame. La natura vampiresca della bambina di dodici anni bruna e bella dai lineamenti gitani non viene nascosta: la vampiretta non ha mai freddo, cammina a piedi nudi sulla neve, quando vuole sa volare, quando compie uno sforzo sanguina dagli occhi e dalle orecchie, è nomade ("Andare significa vivere, restare vuol dire morire"). È accompagnata da un padre-vittima che sembra molto vecchio e stanco per la fatica di nutrire la sua creatura: tende agguati, uccide, appende per i piedi i cadaveri a dissanguarsi, raccoglie il sangue, muore di sfinimento. Il ragazzo biondissimo quattordicenne, umiliato dalla disistima di sé, maltrattato dai compagni di scuola prepotenti, vorrebbe ucciderli, porta sempre con sé il coltello: ciò che la piccola vampira fa per sopravvivere, lui lo farebbe per vendetta e autodifesa. I rispettivi pensieri non sono poi troppo dissimili, ma lei gli insegna a usare alfabeti segreti, a reagire alle sopraffazioni, ad acquisire forza fisica e decisione, lo salva quando è in pericolo. Poi: "Devo andarmene" e per la prima, unica volta, si baciano. È struggente l'intensità amorosa che lega e separa i due bambini innamorati, è toccante il mondo oscuro che li ospita: 'Lasciami entrare' è un film molto bello, gli americani già ne preparano il remake…”

IL CAPPELLAIO MATTO

venerdì 7 marzo 2008

Fuori di testa come... Jodorowsky...


Trascrivo un'intervista che lessi tempo fa. Mi irritò constatare che Alejandro Jodorowsky, nella sua presunzione si atteggiava ad eletto ma additava Castaneda come presuntuoso.
Ah Ah Ah... che ridere.
Personalmente ritengo che Castaneda avesse qualcosa che manca del tutto a Jodorowsky: l'umiltà. Basta leggere alcune delle relative opere e lo si riscontra subito: esperienze diverse, caratteri opposti, spiriti del tutto dissimili... è lampante.
Ho anche partecipato ad una conferenza (a maggio dell'anno scorso) del regista/scrittore cileno, e l'ho trovato interessante ma fuori di testa: fuori come solo lui credo sia in grado di essere. Dal teatro panico alla psicomagia... una bella dose di presunzione che non ho colto nemmeno per un attimo nei libri di Castaneda.
E' un personaggio da prendere con le pinze, con intuizioni geniali ma con una dose di autocelebrazione che non mi permette di apprezzarlo a fondo... I suoi film, densi di simbolismi e carichi di phatos, sono interessanti... peccato che abbia necessità di esagerare, in tutto.
Nonostante questo la sua creatività è a tratti geniale, peccato che lui lo sappia e la ostenti.
Alejandro Jodorowsky (AJ): Ho studiato Filosofia e Psicologia all’università. Cercavo la verità. Mio padre era un ateo comunista. Fisicamente somigliava molto a Stalin, era vestito come Stalin e da quando avevo quattro anni mi diceva: ‘muori, ti putrefai e poi non c’è niente’. Io quindi sono cresciuto senza alcuna aspirina metafisica. Cercavo la verità. Un giorno scoprii le marionette e lasciai la filosofia per le marionette, per l’arte, perché mi resi conto che la verità è impossibile da raggiungere e il massimo a cui possiamo arrivare è la bellezza. Quando ero giovane come i miei figli mi dedicai alla bellezza fisica: facevo pantomime, ballo, danza. Poi venne la bellezza creativa che si trova nel centro sessuale. A quel punto iniziai a fare teatro e tutte le altre cose artistiche che feci: quindi anche i figli, che sono una creazione molto artistica, tutti creati nel bel mezzo del piacere, con madri molto forti. E poi la bellezza delle emozioni, per cui mi sono dedicato alla terapia, ho fatto psicomagia e altre cose. Poi ancora viene la bellezza mentale, quella bellezza che bisogna incontrare nelle parole, senza ricercare la verità, ma al contrario una espressione estetica molto forte: così è nata la poesia. I miei figli sono cresciuti in un ambiente artistico. Pensavo che la creatività e l’immaginazione fossero l’educazione migliore, e ognuno di loro si formò per quello che era, non per quello che ero io, ma proprio per quello che era ognuno di loro. Anche loro fecero teatro, ma non so perché (perché non li ho spinti io). Hanno fatto cinema e, come me, si dedicarono all’arte e alla scrittura di poesie. Ognuno qui ha il suo libro di poesie, ma sono tre poeti differenti, non sono uguali, ognuno va per la propria strada, con il proprio carattere e la propria forma. Devo dire che non so cos’è un recital di poesie: abbiamo provato una sola volta, questa è la verità, questa è la vera prima volta.
Domanda: Cos’è la metafisica per Alejandro Jodorowsky?
AJ:
C’è una risposta molto bella di Wittgenstein, che disse: ‘Di ciò di cui non si può discutere, di ciò si deve tacere’
D: Cos’è l’inconscio per Alejandro Jodorowsky?
AJ: Ognuno dei miei figli risponderà diversamente a questa domanda. Io credo che l’inconscio sia un mio amico, credo che tutti i miei sogni siano ordinati e quindi nella creazione non ricerco l’ordine, perché questo viene da solo, in un’altra forma, anche se non è un ordine razionale. Se nella creazione si vuole mettere un ordine razionale, allora si uccide la creazione. Si deve permettere che l’ordine cresca all’interno della creazione come un fiore. Non stiamo parlando di politica, stiamo parlando di ciò che è la creazione…
D: Quali correlazioni ci sono tra razionalità e creatività?
AJ:
La creatività e la razionalità possono andare d’accordo. Come? Io rimasi molto impressionato quando all’università studiai filosofia della matematica, la creazione di mondi immaginari. Euclide ha postulato che per un punto che si trova a una qualsiasi distanza da una linea può passare una e una sola parallela a questa linea. Lobacevskij ha detto che per quello stesso punto possono passare infinite parallele. Riemann ha asserito che per quel punto non può passare nessuna parallela... Questi non erano certo poeti, ma matematici. E crearono dei mondi che non servirono poi nella vita reale, ma furono utili per il mondo microscopico e per il mondo cosmico. Questo vuol dire che la scienza può avere immaginazione. Quindi dico che possiamo mettere la creatività nel campo del razionale, lo dobbiamo fare. Per esempio, tutti stiamo aspettando l’avvento di una grande rivoluzione politica, ma la vera rivoluzione verrà da un cambio di energia: siamo passati dal vapore al petrolio e poi all’atomo. Ma provate a immaginare come diverrà il mondo con l’energia antigravitazionale, quando ci saranno i calzini volanti, quando le case fluttueranno, quando tutta una città, ad esempio Trieste, se ne andrà in visita a Parigi. Ci sarà un cambiamento totale perché si sarà scoperta una nuova energia e questo sarà l’immaginazione nella scienza.
D: Qual è il significato delle "api" per Alejandro Jodorowsky?
R:
Per me le api sono sempre state molto importanti perché sono gli animali che producono il miele, simbolo della Parola Divina. L’ape ha sei zampe, sei come nel doppio triangolo che chiama "scudo di Davide", dove il cielo si unisce alla terra: è l’animale che unisce il cielo con la terra, che trasforma e rende più dolce. Durante la mia esperienza con la psicomagia ho incontrato persone molto aggressive verbalmente che non potevano trattenersi dall'esserlo perché i loro genitori furono a loro volta parimenti aggressivi. Ho fatto in modo che una persona che amano facesse loro un massaggio con il miele all’interno della bocca e poi con la bocca piena di miele dicesse loro di parlare. A quel punto quelle persone hanno pianto, perché il nostro linguaggio è un linguaggio fatto per l’amore, per la comunicazione, ma la civilizzazione ci obbliga a usarlo come un’arma. Ogni volta che siamo aggressivi danneggiamo il nostro sistema nervoso, produciamo tensione interna; quando invece parliamo con parole dolci, ci rilassiamo. Conobbi una persona che aveva un tumore. L’unica cosa che gli raccomandai era di mettersi ogni mattina del miele in bocca e di dire parole dolci alle prime dieci persone che avrebbe incontrato. E il tumore scomparve. La bontà è una la più grande cura.
AJ: Quali sono i rapporti con la letteratura di Carlos Castañeda?
R: Castañeda è stato un fenomeno degli anni ’70. Tutti, quando leggemmo Castañeda negli anni ’70, ci meravigliammo, perché c’era una serie di concetti incredibili come il Nagual, il Tonal, il Guerriero. Ma via via che proseguiva a scrivere libri, ci rendemmo conto che ci stava parlando di cose per noi impossibili da realizzare. L’autore diceva: ‘Io mi getto in un abisso, tu no!’, ‘Io sono un mago, tu no!’, ‘Io passo la vita senza lasciare tracce, tu no!’, ‘Io faccio milioni pubblicando libri, tu no!’, ‘Io mi trasformo in un cane se voglio, tu no!’, Io mi trasformo in una stellina e me ne vado col Maestro, tu no!’… pura fantasia! Pura fantasia che non mi è mai servita a nulla. Mi servì per sognare. Dei bei sogni, ma solo sogni. Perché la vita è un sogno e i sogni sono sogni.L’importante è arrivare a una magia che si possa praticare, vera. Mi incontrai con Castañeda a Città del Messico e dovevamo parlare di cose molto profonde, ma gli venne la diarrea e dovetti accompagnarlo a cagare al suo albergo. Mago com’era, non poteva evitare di dover cagare!? Questa è la mia opinione sincera. Neruda disse una frase molto carina: ‘Dio mi liberi dall’inventare cose quando canto’, e noi qui stiamo cantando, non possiamo mentire. Io vedo la poesia dei miei figli, ognuno dei quali esprime la propria verità, non c’è falsità, ma solo verità diverse: Brontis è un poeta concentrato, che ricerca la concentrazione, vuole dire il massimo con il minimo delle parole, posizione inversa a quella di Cristobal, che è un poeta esplosivo, che non ha limiti, metaforico, pazzo, delirante, ma meraviglioso; Adan, il più giovane, è il poeta lirico, che arriva alle profondità del cuore, descrive sentimenti di una purezza incredibile. Ognuno d'essi rappresenta tre aspetti veri nel linguaggio della poesia. La poesia ha sempre poco pubblico perché è un linguaggio occulto, ci deve essere del mistero in ciò che si dice... ma se si riesce a capirla immediatamente è una canzone rock, non una poesia. Questo è quello che penso, alla domanda su Castañeda sono obbligato a rispondere con la verità. Non mi domandate troppe cose, perché sennò mi obbligate a dire la verità.
D: Come ha diretto il suo spettacolo teatrale?
AJ: Non l’ho diretto come un regista normale, l’abbiamo fatto assieme. Io non ho fatto altro che dire: ‘questo mi piace, questo anche’. Questo è tutto. O magari: ‘più veloce qui, più lento lì’… E con loro, uomini e donne, perché non c'erano solo i miei figli, ma anche le loro mogli e la mia, abbiamo lavorato uniti, senza conflitti, ed è stata una terapia: si trattava di vedere se una famiglia riusciva a produrre qualcosa insieme, senza competizioni, senza gelosie, una collaborazione totale. Ci siamo riusciti. Una famiglia unita. Non ci sono buoni e mediocri. Si potrebbe pensare, per esempio, che Cristobal abbia obbligato la moglie a lavorare con lui solo perché è sua moglie… no, perché è un'attrice formidabile!E i miei figli non si sono formati con me: Brontis ha lavorato molto con il Teatro del Soleil di Parigi, facendo il Tartufo, opere greche eccetera; Cristobal ha lavorato molto con il teatro del silenzio; Adan, a parte la musica, ha frequentato scuole di teatro realista, e così anche le loro mogli. Ognuno di loro ha lavorato in cose differenti. E una volta al Teatro del Soleil, la Mnouchkine, la direttrice, ha messo in scena uno spettacolo indiano in cui i mendicanti di strada erano veri mendicanti; c’erano acrobati, prestigiatori, cantanti, ballerini, ma ciò che ci sorprese era vedere che ogni compagnia era formata da una famiglia, dal nonno al nipotino. La famiglia si trasmetteva le conoscenze e io per questo provai una profonda commozione, perché nel mondo occidentale ciò non esiste. C’era la tradizione della commedia dell’arte, ma poi scomparve. Perché non tentare quest’avventura, dunque? E ci siamo lanciati tutti insieme.
D: Cos’è il movimento panico?
Marianne Costa (compagna di A. Jodorowsky, ndr): Una delle peculiarità del movimento panico era che l’artista panico si metteva lui stesso nella sua opera. Nei dipinti di Arrabal, ad esempio, c’e sempre la faccia del pittore stesso da qualche parte. In un modo o nell’altro l’opera panica continua questa tradizione, in un modo o nell’altro è un'opera Jodorowsky. E’ una cosa che è cresciuta, da due anni a questa parte, in un modo molto organico. Non è sempre tutto rosa e fiori, tutto facile, ci sono momenti di dubbio, ma è una cosa cresciuta organicamente, senza domandarsi se andava bene, se si era d’accordo... le cose si sono aggiunte le une alle altre, è quasi un miracolo. Anche Antonio Bertoli (l'editore italiano delle opere di Jodorowsky, ndr), che ha tradotto l’opera, si è ritrovato, lui editore, sul palco a fare l’attore. Non è quindi solo una questione di famiglia, ma anche di amicizia molto forte ed è cresciuta veramente come una bella pianta.
AJ: Il panico era un movimento fondato da me, Arrabal e Topor perché eravamo stufi del vecchio surrealismo, che stava terminando il suo percorso... Breton stava per morire, non gli piaceva la fantascienza, il rock, la musica, tutte le manifestazioni, insomma, dell’arte contemporanea. Noi inventammo qualcosa che ancora non esisteva: ‘chiameremo panico tutto ciò che faremo’, ci siamo detti, ‘Panico non è inteso come terrore, ma come totalità, l’unica cosa che accomuna noi tre è il fatto di essere artisti polivalenti, facciamo cinema, facciamo teatro, facciamo poesie, facciamo romanzi, facciamo tutto quello che vogliamo, non solo una cosa, ma tutto ciò che vogliamo’. Questo è il panico. Non c’è mai stato un corpo teorico, non è una teoria né un movimento: è un’azione.

giovedì 6 marzo 2008

Persepolis: alcuni buoni motivi per vedere il film


1. Almeno 4 anni fa (ma forse di più) la mia amica Alessia mi regalò questo bellissimo libro/fumetto che mi entusiasmò.
2. Persepolis è la trasposizione cinematografica dell’omonima graphic novel, il primo fumetto iraniano a essere mai stato pubblicato.
3. Tra i doppiatori di Persepolis figurano Paola Cortellesi e Sergio Castellitto.
4. I registi di Persepolis sono Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud.
5. Persepolis è un film d’animazione molto complesso: ogni scena ha potuto contare su una media di 1.400 inquadrature.
6. La figura della nonna di Marjane è divertentissima.
7. La colonna sonora di Persepolis, curata da Olivier Bernet, è emotivamente strepitosa.
8. Persepolis è costato 7 milioni di dollari e ne ha incassati già più di 16.
9. La crescita fisica e caratteriale della protagonista, Marjane, da bambina a donna, è curata deliziosamente.
10. Persepolis è stato candidato agli Oscar 2008 come miglior film d’animazione dell’anno.

Mi sembra abbastanza.. voglio vederlo!



IL CAPPELLAIO MATTO

giovedì 27 dicembre 2007

"Musikanten"


Ho deciso, il prossimo film che mi procurerò sarà proprio questo: "Musikanten". Hanno lavorato insieme Battiato e Jodorowsky... insomma qualcosa da cogliere ci sarà di sicuro. Se non altro mi toglierò finalmente la curiosità a riguardo...


04 Settembre 2005 - Conferenza stampa"Musikanten"
Intervista al cast ed al regista.
di Mauro Corso
Alla conferenza stampa per il nuovo film di Franco Battiato sono presenti oltre allo stesso regista e al cosceneggiatore Manlio Sgalambro, Alexandro Jodorowsky e gli attori Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco. Quest'ultima è evidentemente in dolce attesa. Il musicista siciliano non sembra minimamente abbattuto dallo scarso entusiasmo dimostrato dal pubblico durante la prima proiezione stampa, anzi ha dimostrato sicurezza dichiarando di rivolgersi al suo "pubblico d'élite".
In una tua canzone, "Bandiera bianca" avevi detto "a Beethoven e Sinatra preferisco l'insalata" è cambiato qualcosa rispetto al passato rispetto alla stima che provi per il compositore oppure era solo una canzone?
Battiato: Berio diceva che i cantautori ucciderebbero anche la madre per una rima. Diciamo che allora ero in una fase più consumistica, da juke-box. Poi c'erano impressioni che facevano pensare all'Alex di Arancia Meccanica. La mia stima ed il mio rispetto nei confronti di Beethoven non sono mai cambiati nel tempo.
Jodorowsky, come ha dovuto convincerla Battiato a partecipare al film?
Jodorowsky: è semplice: mi ha detto: non dovrai usare una pistola, nè lanciarti nel vuoto o fare altre cose da supereroe né farti esplodere un alieno dalla testa o innamorarti di una puttana romantica. E io gli ho detto: allora va bene.
E del film cosa ne pensa?
Jodorowsky: credo che sia un film importante. I film possono essere categorizzati come i corpi astrali. Ci sono i pianeti e gli asteroidi, che gravitano, stazionano e sono in un certo senso immutabili. Poi ci sono le comete, che si infrangono nella polvere senza lasciare nulla. E il cinema americano sono tutte comete.
La recitazione degli attori non sembrava del tutto naturale, e questo è sembrato piuttosto strano...
Battiato: quando si fanno le cose, non si fanno senza sapere quale sarà il risultato finale. Evidentemente non ricercavamo un tipo di recitazione che fosse "naturalistico" o peggio: un'idea astratta di una recitazione naturalistica.
Ha avuto dei modelli, nei cineasti del passato che si sono occupati di biografie di grandi compositori?
Battiato: preferisco non rispondere a questa domanda.
Almeno ci può dire perché fare adesso un film su Beethoven?
Battiato: perché c'è bisogno di vedere come sono i grandi uomini. Ora più che mai.
Quale rapporto ha con il cinema?
Battiato: Il cinema mi ha permesso di cominciare da capo. Avevo iniziato a fare musica all'inizio per soldi, ma poi con il passare del tempo ho trovato altre cose. Ed il cinema mi ha dato la possibilità di avere un nuovo esordio, delle nuove sfide.
Ha rimpianti riguardo a questo film?
Battiato: No, a pensarci bene sono proprio contento di averlo fatto.
In Perduto Amor si occupava di musica popolare, invece con questo film si torna all'ultimo Beethoven, quello più ostico e complesso. Qual'è l'aspetto che le è più congeniale?
Battiato: Tra l'altro ed il basso scelgo l'alto, tra il bello e il brutto scelgo il bello, tra l'onesto e il disonesto scelgo l'onesto.
Così termina una conferenza stampa piuttosto tesa, segnata soprattutto dall'imbarazzo per la domanda a cui Battiato ha preferito non rispondere. Ma indubbiamente il Maestro ha mostrato di voler procedere per la propria strada incurante delle critiche e della cattiva ricezione del suo ultimo film. Potrà piacere o no, ma suscita un certo rispetto.
IL CAPPELLAIO MATTO

venerdì 2 novembre 2007

L'occhio del diavolo


... è il titolo del film che ho visto ieri sera con Chiara…

E' un film degli anni 1959-60 (su per giù..), totalmente in bianco e nero, pare sia considerato un’opera minore del regista Ingmar Bergman… Io l’ho trovato carino (nonostante la mia APATIA di questi giorni )…

Il film ha inizio con l'immagine di un pianista che suona una musica di Scarlatti su una tastiera, mentre una scritta didascalica, che riprende un vecchio proverbio irlandese, avverte gli spettatori che

« La verginità di una giovane è come un orzaiolo nell'occhio del diavolo »

La Trama in sintesi
(tranquilli non svelerò la fine!!):
Satana soffre di un fastidioso orzaiolo ad un occhio (quello destro, per l'esattezza) ne e' causa la verginità di una fanciulla - Britt Marie - che, pur fidanzata da tempo, e' ancora vergine e tale vuole arrivare al matrimonio. Questo fatto viene considerato dalla corte infernale un vero affronto e così per provvedere viene mandato sulla terra uno degli ospiti del luogo: Don Giovanni, il famoso seduttore, accompagnato dal fedele Pablo, suo servitore, e da un demonio (travestito a volte da frate, a volte da gatto) come sorvegliante. In un giorno circa Don Giovanni deve convincere la ragazza a tradire il fidanzato Jonas: avrà in cambio scontati trecento anni di pena, pena che consiste nel rivivere continuamente le sue tante avventure amorose senza mai poterle concludere. Don Giovanni e Pablo rivestiti adeguatamente arrivano sulla terra e soccorrono il padre di Britt Marie, un pastore ingenuo, ottimista e sprovveduto, la cui auto si è bloccata per opera del diavolo: ne ricevono in cambio un invito a pranzo nella canonica….

Piacevole e carino… lascia con un filo di amarezza…

IL CAPPELLAIO MATTO

mercoledì 17 ottobre 2007

IL FILM DEI SIMPSON...

Certo forse un po' troppo lungo e nel complesso un po' tirato per le orecchie...
Sicuro: meglio le care vecchie puntate in TV..
Però mi ha fatto morire dal ridere il favoloso SPIDER PORK...
FANTASTICO!!

IL CAPPELLAIO MATTO