Valore è un termine che appartiene originariamente al linguaggio economico e che poi passa in quello etico. Infatti un tempo il linguaggio morale impiegava ben altre parole, soprattutto "bene" e "male": questo quando il "bene" era qualcosa di oggettivo e riconoscibile, non qualcosa di soggettivamente valutabile.
Con la modernità emerge sempre più il soggetto come titolare della libertà e del giudizio. Il "bene" e il "male" dipendono quindi dalla sua valutazione, e il "bene" si trasforma in valore, che, proprio perché valutabile, si relativizza.
Con il crollo delle ideologie si dissolve il riferimento alla universalità del valore applicata tramite il singolo soggetto alla società intera.
Il valore residuo più celebrato è diventato oggi la libertà, in tutte le sue forme, che, nella sua formulazione più estrema (come l’assenza di vincoli) rischia di risolversi paradossalmente nella dissoluzione di ogni valore.
Perchè se la libertà è assoluta, cioè “assoluta assenza di vincoli”, si tramuta in disperazione. In effetti se la si considera come puro arbitrio tutto viene messo allo stesso livello. Se per libertà intendiamo che l'uomo può vivere senza nessuna condizione come autore incondizionato della propria vita (senza doversi curare di chi gli sta intorno), allora questo soggetto può esser capace di tutto, dalla distruzione del mondo, all'autodistruzione.
Senza pensare al peggio possiamo riflettere sul fatto che nella libertà incondizionata esiste una voglia di onnipotenza gigantesca. Ma gli individui non sono una potenza INFINITA. E allora mi chiedo se non sia meglio sentirsi “umilmente FINITI”, rendendosi conto delle proprie debolezze e dei propri limiti, in modo da avere la consapevolezza di quello che effettivamente siamo e in modo da predisporci nell'incontro con gli altri: peraltro (a mio parere) unico vero modo di sentirsi vicini alla "divinità"…
A questo punto entra in gioco il “vero valore” quello inscindibile dalla libertà: la responsabilità. Dove con “responsabilità" io rispondo all'altro di quella che è la mia azione. Ne rispondo perché non ne posso fare a meno; perché io, da solo, non posso vivere, non esisto. Allora la dimensione del valore è l'assunzione della reciproca responsabilità.
Vivere senza valori vuol dire vivere senza valutare, senza prendere posizione nei confronti della realtà, senza essere liberi, né responsabili, non solo nei confronti degli altri, ma verso se stessi.
Oggi non avere valori, non avere prospettive sulla realtà, vuol dire non avere neanche prospettiva su di sé. Colui che pretende di vivere senza valore si autodissolve, nella sua continua e inutile negazione degli altri, del tempo che scorre e delle sue innegabili responsabilità.
Basti pensare a un appuntamento. "Appuntamento" vuol dire andare a incontrare una persona. Se si va in ritardo non la si trova. E la vita è fatta di appuntamenti, che significano finitezza, che vogliono dire rapporti, che sono sinonimi di un’altra parola: "impegno", “responsabilità”: tutte parole che al giorno d’oggi alle nostre orecchie suonano quasi minacciose.
Chi vive senza valori ha la pretesa di essere Dio. Ha la pretesa che quello che definisce propria libertà e proprio tempo valgano più di quello degli altri. Ha la presunzione di poter vivere distinto dagli altri perché si sente un’entità superiore.
E’ innegabile: al mondo esistono persone di diverso tipo, più o meno aperte; più o meno intelligenti, sensibili, capaci… ma se facciamo della libertà il nostro, o uno dei nostri valori principali, dobbiamo assolutamente aver capito che la libertà riguarda la capacità di movimento del proprio agire, di responsabilità rispetto a se stessi ma anche in pieno rispetto degli altri.
Con la modernità emerge sempre più il soggetto come titolare della libertà e del giudizio. Il "bene" e il "male" dipendono quindi dalla sua valutazione, e il "bene" si trasforma in valore, che, proprio perché valutabile, si relativizza.
Con il crollo delle ideologie si dissolve il riferimento alla universalità del valore applicata tramite il singolo soggetto alla società intera.
Il valore residuo più celebrato è diventato oggi la libertà, in tutte le sue forme, che, nella sua formulazione più estrema (come l’assenza di vincoli) rischia di risolversi paradossalmente nella dissoluzione di ogni valore.
Perchè se la libertà è assoluta, cioè “assoluta assenza di vincoli”, si tramuta in disperazione. In effetti se la si considera come puro arbitrio tutto viene messo allo stesso livello. Se per libertà intendiamo che l'uomo può vivere senza nessuna condizione come autore incondizionato della propria vita (senza doversi curare di chi gli sta intorno), allora questo soggetto può esser capace di tutto, dalla distruzione del mondo, all'autodistruzione.
Senza pensare al peggio possiamo riflettere sul fatto che nella libertà incondizionata esiste una voglia di onnipotenza gigantesca. Ma gli individui non sono una potenza INFINITA. E allora mi chiedo se non sia meglio sentirsi “umilmente FINITI”, rendendosi conto delle proprie debolezze e dei propri limiti, in modo da avere la consapevolezza di quello che effettivamente siamo e in modo da predisporci nell'incontro con gli altri: peraltro (a mio parere) unico vero modo di sentirsi vicini alla "divinità"…
A questo punto entra in gioco il “vero valore” quello inscindibile dalla libertà: la responsabilità. Dove con “responsabilità" io rispondo all'altro di quella che è la mia azione. Ne rispondo perché non ne posso fare a meno; perché io, da solo, non posso vivere, non esisto. Allora la dimensione del valore è l'assunzione della reciproca responsabilità.
Vivere senza valori vuol dire vivere senza valutare, senza prendere posizione nei confronti della realtà, senza essere liberi, né responsabili, non solo nei confronti degli altri, ma verso se stessi.
Oggi non avere valori, non avere prospettive sulla realtà, vuol dire non avere neanche prospettiva su di sé. Colui che pretende di vivere senza valore si autodissolve, nella sua continua e inutile negazione degli altri, del tempo che scorre e delle sue innegabili responsabilità.
Basti pensare a un appuntamento. "Appuntamento" vuol dire andare a incontrare una persona. Se si va in ritardo non la si trova. E la vita è fatta di appuntamenti, che significano finitezza, che vogliono dire rapporti, che sono sinonimi di un’altra parola: "impegno", “responsabilità”: tutte parole che al giorno d’oggi alle nostre orecchie suonano quasi minacciose.
Chi vive senza valori ha la pretesa di essere Dio. Ha la pretesa che quello che definisce propria libertà e proprio tempo valgano più di quello degli altri. Ha la presunzione di poter vivere distinto dagli altri perché si sente un’entità superiore.
E’ innegabile: al mondo esistono persone di diverso tipo, più o meno aperte; più o meno intelligenti, sensibili, capaci… ma se facciamo della libertà il nostro, o uno dei nostri valori principali, dobbiamo assolutamente aver capito che la libertà riguarda la capacità di movimento del proprio agire, di responsabilità rispetto a se stessi ma anche in pieno rispetto degli altri.
Se si è veramente liberi non solo non percepiamo dei vincoli relativi alle persone con le quali ci relazioniamo, ma siamo capaci di valorizzare la nostra forza, la nostra potenza, le nostre caratteristiche attraverso l’uso della nostra indipendenza, del tempo a nostra disposizione e della responsabilità nel rapportarci agli altri in maniera costruttiva. Insomma.. in fondo il culmine dell'etica altro non è che la capacità di amare e rispettare le persone che abbiamo intorno....
IL CAPPELLAIO MATTO
IL CAPPELLAIO MATTO
2 commenti:
"Chi vive senza valori ha la pretesa di essere Dio"
bene, brava, bis! we want more!
sono stufo di sentire gente che scambia presunzione per libertà, che mi giudica scemo perché cerco di rispettare tutt* a 360°.
grazie per questo bellissimo post!
ps. Ma Zazie allora non ti è piaciuta?
Au contraire! Mi è piaciuta un sacco sia la terribile Zazie sia tutti i personaggi strani che incontra!
Grazie per il suggerimento.
Per quanto riguarda il post... ti rispondo con un altro post!
IL CAPPELLAIO
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