
La Quinta Stagione
Adoro Cristina Donà, la adoro dal primo momento in cui l'ho sentita cantare, la adoro da quando Andrea - come suo solito - è arrivato con il primo cd e me l'ha fatta ascoltare...
Ha grinta, mi piace quel suo miagolare a volte, quel suo disperato "ESPRIMERE" altre, quella sua dolcezza che poi si muta in un'esplosione di fuoco...
Oggi ho sentito "l'Universo" una canzone del suo ultimo Album ("La Quinta Stagione") e prima ancora che finisse la canzone sapevo già che era lei... inconfondibile!
Credo proprio che presto avrò il nuovo album...
Intanto bazzicando su internet ho trovato una recensione a proposito che inserisco qui di seguito...
Tratto da Musica.excite.it13 - 09 - 2007
"Per il quarto album in poco più di un decennio - senza contare la versione "internazionale" di Dove sei tu - Cristina Donà si apparecchia la più sobria delle trepidazioni. Rinuncia a molte delle residue bizzarrie - gli algidi quadretti wave, le scorribande elettroniche, i blues da taverna - per glassare tutta l'inquietudine sotto una patina di sobrietà febbrile, che non si scompone mai troppo neanche quando l'allarme sembra sul punto di deragliare (vedi la fiammeggiante irrequietezza wave di L'eclissi). C'è molto raziocinio, quindi. Un porsi dei limiti formali in obbedienza alla poetica, che sta in apprensione tra cose sul punto di passare e divenire. Un senso di allerta costante sotto l'apparente disarmo, una tensione radente che ciondola nel frusto languore d'un jazz folk col ventre caricato a psichedelia (Come le lacrime), nel rancore congelato d'un passo da bambola ferita (I duellanti), nell'aggirarsi da vampira in cerca di preda, preda a sua volta di cerchi che si chiudono negli echi sonici da Jeff Buckley volatile (Laure, ispirata alla lettura del micidiale Il profumo di Suskind). Non è più tempo, insomma, di squarci e spasmi periodo Tregua, né delle allibenti situazioni avant-pop di Nido. Cristina prosciuga la propria femminina alterità e si consegna in qualche modo alla normalità del cantautorato rock, cercando di non disperdere quel taglio, quella calligrafia stralunata e beffardella, quello scivolare da ombra imprendibile che osserva, ti osserva. Spacciando con ammiccante dolcezza i trapassi del cuore-vita (Universo), rasentando la sublime ovvietà di una Norah Jones aggrappandosi al talismano di una matura isteria nel taschino (il folk jazz sordidello e sfuggente per organo e fisarmonica di Non sempre rispondo), smerigliando leggerezza e trepidazione con la sua ballad più estatica (Migrazioni).Una parentesi di decompressione e rigenerazione inaugurata dal valzer palpitante di Settembre e chiusa da una Conosci che pennella melodia arguta sulle volute enigmatiche e setose del violoncello elettrificato. E' un disco che lavora sotto la soglia del clamore. Una di quelle acque chete che, come dicono dalle mie parti, rovinano i ponti. A pensarci bene, non è poi così lontano dalla tremebonda irrequietezza di Tregua, pacificata - come è ovvio - da una crescente saggezza."
"Per il quarto album in poco più di un decennio - senza contare la versione "internazionale" di Dove sei tu - Cristina Donà si apparecchia la più sobria delle trepidazioni. Rinuncia a molte delle residue bizzarrie - gli algidi quadretti wave, le scorribande elettroniche, i blues da taverna - per glassare tutta l'inquietudine sotto una patina di sobrietà febbrile, che non si scompone mai troppo neanche quando l'allarme sembra sul punto di deragliare (vedi la fiammeggiante irrequietezza wave di L'eclissi). C'è molto raziocinio, quindi. Un porsi dei limiti formali in obbedienza alla poetica, che sta in apprensione tra cose sul punto di passare e divenire. Un senso di allerta costante sotto l'apparente disarmo, una tensione radente che ciondola nel frusto languore d'un jazz folk col ventre caricato a psichedelia (Come le lacrime), nel rancore congelato d'un passo da bambola ferita (I duellanti), nell'aggirarsi da vampira in cerca di preda, preda a sua volta di cerchi che si chiudono negli echi sonici da Jeff Buckley volatile (Laure, ispirata alla lettura del micidiale Il profumo di Suskind). Non è più tempo, insomma, di squarci e spasmi periodo Tregua, né delle allibenti situazioni avant-pop di Nido. Cristina prosciuga la propria femminina alterità e si consegna in qualche modo alla normalità del cantautorato rock, cercando di non disperdere quel taglio, quella calligrafia stralunata e beffardella, quello scivolare da ombra imprendibile che osserva, ti osserva. Spacciando con ammiccante dolcezza i trapassi del cuore-vita (Universo), rasentando la sublime ovvietà di una Norah Jones aggrappandosi al talismano di una matura isteria nel taschino (il folk jazz sordidello e sfuggente per organo e fisarmonica di Non sempre rispondo), smerigliando leggerezza e trepidazione con la sua ballad più estatica (Migrazioni).Una parentesi di decompressione e rigenerazione inaugurata dal valzer palpitante di Settembre e chiusa da una Conosci che pennella melodia arguta sulle volute enigmatiche e setose del violoncello elettrificato. E' un disco che lavora sotto la soglia del clamore. Una di quelle acque chete che, come dicono dalle mie parti, rovinano i ponti. A pensarci bene, non è poi così lontano dalla tremebonda irrequietezza di Tregua, pacificata - come è ovvio - da una crescente saggezza."
E poi di seguito il testo della canzone dell'ultimo album che mi ha colpita in maniera particolare bazzicando sul suo sito...
Settembre (Testo)
Il sole a settembre mi lascia vestire ancora leggera
il fiume riposa negli argini aperti di questa distesa.
Tu mi dicevi che la verità e la bellezza non fanno rumore.
Basta solo lasciarle salire, basta solo lasciarle entrare.
E' tempo di imparare a guardare.
E' tempo di ripulire il pensiero.
E' tempo di dominare il fuoco.
E' tempo di ascoltare davvero.
L'amore a settembre mi ha fatto sentire ancora leggera.
Il giorno sprofonda nei solchi bruciati di questa distesa.
Tu lo sapevi che nessuna gioia nasce senza un dolore.
Basta solo farlo guarire, basta lasciarlo entrare.
E' tempo di imparare a guardare.
E' il ritornello che mi attira... è davvero tempo di "imparare a guardare, di ripulire il pensiero, di dominare il fuoco e di ascoltare davvero"... per me sono davvero dei preziosi consigli... Ci mediterò su...
IL CAPPELLAIO MATTO
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